Gli effetti dello stress cronico sulle capacità motorie
Un recente sudio svolto presso l’Università di Bonn, dimostra che lo stress cronico produce effetti molto negativi sul cervello e in particolare sulle capacità motorie.
Per il momento i ricercatori hanno svolto lo studio solo sui roditori.
Allo stesso tempo, alla luce dei risultati di questo studio, risulta essere curioso che le persone cronicamente stressate mostrino spesso anomalie nelle proprie capacità motorie.
Il motivo per il quale ciò avvenga non è, tuttavia, ancora chiaro.
La ricerca
I ricercatori hanno utilizzato i topi come animali da esperimento.
Alcuni topi vennero esposti a una situazione stressante per alcuni giorni prima dell’esperimento.
Nel frattempo, vennero scattare foto del cervello dei roditori attraverso uno speciale metodo di microscopia.
A tal proposito, la dott.ssa Anne-Kathrin Gellner, medico presso il Dipartimento di Psichiatria e Psicoterapia del Bonn University Hospital, dichiara: «Con il nostro metodo, è possibile osservare lo stesso neurone in momenti diversi. Possiamo quindi vedere se e come cambia a causa dello stress».
Prima di raccontarti i risultati della ricerca, per pooterli meglio comprendere, è importante sapere che nuovi apprendimenti si manifestano nel cervello come nuove connessioni sinaptiche, e cioè nuove connessioni tra neuroni.
Per esempio, quando impari un nuovo passo di danza, neuroni che prima non erano connessi tra loro, si accendono e si connettono insieme, andando a formare una rete neurale che corrisponde a quel nuovo apprendimento.
Più ripeti quel passo di danza e più le relative connessioni diventano “forti”, come se tu aggiungessi ogni volta un filo a un cavo, fino a costruire una vera e propria autostrada nervosa verso qull’apprendimento.
I risultati dell’esperimento
I ricercatori si sono concentrati sulle parti della corteccia cerebrale responsabile del controllo motorio e dell’apprendimento di nuovi movimenti.
Hanno “fotografato” i neuroni di quella parte della corteccia prima e dopo la situazione stressante.
Si sono così resi conto che i roditori, dopo aver vissuto la situazione stressante, hanno perso fino al 15% delle loro connessioni sinaptiche nella zona della corteccia studiata.
Questa perdita di connessioni sinaptiche si è altresì manifestata nel comportamento dei topi, che hanno manifestato un deficit di apprendimento motorio.
Per esempio, in natura i topi afferrano il cibo con entrambe le zampe. In laboratorio i ricercatori hanno creato delle condizioni che costringevano i topi ad afferrare il cibo con una sola zampa:
- i topi non stressati hanno raggiunto un tasso di successo del 30% in soli cinque giorni
- i topi stressati sono riusciti a prendere il cibo solo ogni decimo tentativo
Topi e topi
I topi, come gli esseri umani, sono diversi tra loro. Per esempio, alcuni topi sono più resilienti, più resistenti allo stress, di altri topi. Questa specifica differenza ha fatto la differenza per i ricercatori.
Anche i roditori più resilienti hanno perso sinapsi dopo l’evento stressante, tuttavia i neuroni “impoveriti” si sono presto ripresi, perché dopo solo una settimana e mezza circa il numero di sinapsi era di nuovo simile a quello precedente l’evento stressante.
La stessa cosa non è avvenuta per i poveri topi meno “fortunati” e meno resilienti, che non sono stati in grado di recuperare le connessioni perse.
Tuttavia, anche i topi più resilienti hanno avuto difficoltà ad imparare ad afferrare il cibo con una sola zampa.
A tal proposito, il prof. Valentin Stein osserva: «È quindi possibile che i test motori siano molto adatti per rilevare i disturbi legati allo stress, come la depressione, prima che altri sintomi diventino evidenti».
Ma cosa genera la perdita di connessioni sinaptiche?
Dopo la situazione stressante, si sono attivate nel cervello dei roditori alcune cellule immunitarie che appartengono alla categoria deii fagociti.
I fagociti possono “digerire” agenti patogeni o cellule difettose e, essendosi “attivati” con la situazione stressante, è possibile che vengano “accesi” dallo stress e attacchino i siti di contatto.
Gli studiosi hanno anche esaminato il fluido che scorre intorno al cervello e al midollo spinale e vi hanno trovato alcune proteine che normalmente possono essere rilevate in malattie neurodegenerative come il Parkinson o l’Alzheimer.
Le considerazioni degli studiosi
La Dott.ssa Gellner afferma: «Riteniamo quindi che le malattie psichiatriche legate allo stress, come la depressione, siano anche associate al degrado dei neuroni. Di conseguenza, lo stress a lungo termine, a cui i bambini sono sempre più esposti, può potenzialmente causare seri danni al cervello».
Per quanto riguarda i roditori resilienti, che sembrano essere meno esposti ai danni causati dallo stress, almeno per quanto riguarda la perdita delle connessioni sinaptiche, il Dr. Stein osserva: «Tuttavia, può darsi che anche lo stress psicologico lasci tracce permanenti su di loro se è troppo lungo o troppo frequente».
Ora, lo studio per il momento è stato svolto solamente sui topi ma è molto probabile o quantomeno verosimile che conseguenze analoghe si producano anche per noi umani.
Qualche considerazione
La risposta da stress è una risposta “progettata” per garantire la sopravvivenza in caso di pericolo per l’integrità fisica, ma è anche una risposta progettata per avere una durata breve.
Cammini nella savana, vedi un leone affamato, e si attiva immediatamente la risposta da stress, che ti mette in condizione di fuggire o attaccare.
Una volta passato il pericolo, nel giro di poco tempo, il fisico torna in una situazione di equilibrio.
Oggi come oggi, nella nostra società moderna, è poco probabile trovarsi di fronte a un leone. Allo stesso modo, non è certamente esperienza quotidiana quella di trovarsi in pericolo di vita.
Tuttavia, da una parte, siamo tutti vittime dei predatori moderni; traffico, rumore, cartelle esattoriali, la lotta per la sopravvivenza economica, etc.
Dall’altra parte, con lo sviluppo del prezioso dono della neocorteccia e della consapevolezza conscia, siamo diventati molto bravi a crearci ansia e stress attraverso il solo pensiero.
Per esempio, molti di noi dedicano troppo tempo a prevedere disgrazie e tragedie che magari non si verificheranno mai.
Trova il tuo rimedio allo stress
Diventa allora imperativo imparare a “pensare di proposito”, volontariamente. Quando pensiamo di proposito possiamo sentirci e comportarci di proposito ed evitare così stati interni negativi e dannosi.
Non sto dicendo che si debba sempre essere “positivi”. Il dolore per qualcosa di brutto che capita, o l’ansia per una reale criticità sono risposte naturali ed evolutive.
Tuttavia, come coach, per esperienza so che molte persone vivono stati interni estremamente negativi e non collegati a eventi ne congruenti con gli eventi esterni e questi stati possono essere cambiati, quando impariamo a pensare, sentire e comportarci di proposito.
I mezzi per poter imparare a farlo, o almeno per imparare a gestire lo stress, sono molteplici: lo strumento d’elezione è sicuramente la Programmazione Neuro-Linguistica, ma anche discipline come la Mindfulness o lo Yoga sono utili e preziose.
Ognuno trovi il proprio come, ma la cosa importante è avere la consapevolezza dei danni provocati dallo stress cronico e porvi rimedio.
Paola Velati