Quando parlo con gli amici medici, soprattutto i dentisti, c’è una parola che ho imparato a gestire con una certa attenzione:
VENDERE
Con molti di questi amici pronunciare questa parola ha l’effetto di una “bestemmia in chiesa”, io capisco il loro punto di vista, hai studiato una vita per curare le persone, sei un medico, non un piazzista porta a porta…
La riflessione che mi permetto di proporvi parte da alcuni dati di fatto:
- sei un professionista, hai studiato, come dicevo, una vita per curare le persone;
- sei certo delle cure che proponi ed esegui;
- sei sicuro che quelle proposte siano le cure più adatte al tuo paziente;
- sei tranquillo riguardo al tuo tariffario, che sia equo e giusto;
- sei etico (altra parola da gestire con le pinze), non proponi over treatment e cure non necessarie.
Dato per scontato l’elenco qua sopra, come ti sentiresti se il tuo ipotetico paziente finisse nelle mani di qualche “scalzacani” che gli proponga cure non necessarie e fatte male semplicemente perché ha delle competenze comunicative, o di vendita, migliori delle tue o del tuo team?
Questa cosa succede tutti i giorni!!!
Perché?
Succede perché ci sono persone molto brave a vendere ma pessime sotto il profilo clinico.
Vedo studi dove non farei curare neanche il mio peggior nemico che prosperano, quando altre ottime realtà cliniche arrancano perché non si riesce a pensare lo studio odontoiatrico come una realtà commerciale, quale, di fatto, è.
Ora, io so che voi odontoiatri vendete salute, non brugole e bulloni (come dicevamo in questo articolo: Pubblicità e Sanità) ma resta il fatto che vendiate.
È vostro obbligo morale vendere la cura migliore per il vostro paziente.
È etico (di nuovo) sforzarsi di far capire al paziente che si può spendere il giusto e avere la cura migliore.
È doveroso armarsi di tutti gli strumenti necessari a guidare il paziente verso la soluzione migliore per i suoi problemi o per evitargliene in futuro.
Un esperimento
Quando vorrete fare un esperimento, provate a sostituire la parola “vendere” la parola “offrire”.
Come abbiamo già detto (Le parole possono guarire) ogni parola ha un senso, un peso specifico ed un effetto sul nostro pensiero.
Allora proviamo a fare questo salto di paradigma, invece di vendere una cura, invece di chiedere al paziente di accettare un piano di cura, offriamo la cura giusta.
Diamo tutte le informazioni, nei modi e nella forma migliore, perché il paziente possa liberamente e consapevolmente scegliere.
In fin dei conti non si tratta di vendere, ma di offrire la cura migliore, di guidare il paziente verso il suo bene.
Si tratta di far sì che gli “scalzacani” non l’abbiano vinta, che le persone siano più sane, che il mercato resti in mano ai professionisti seri.
Gualtiero Tronconi