Alle volte ho dei dubbi su quello che un coach fa o dovrebbe fare durante una seduta di coaching.
È strano, per quanto uno possa prepararsi, studiare e fare pratica… la vita riesce sempre a stupirti.
Allora capita che ti arrivi il coachee che non ha la minima idea di cosa faccia un coach, che ti chiede di risolvere dei problemi che non esistono o convinto di avere davanti a sé un santone che può “aggiustare” tutto ciò che non va nella sua vita.
Un coach non è nulla di tutto questo (scopri qui di cosa si tratta realmente)!
Know nothing
Tutte e le volte che mi trovo in queste situazioni ho un solo salvagente che, infallibilmente, mi tiene a galla… una delle caratteristiche del coach è “know nothing”: non sapere nulla.
Allora, se non so nulla non mi resta che ascoltare e osservare… così inizio a cogliere quei piccoli segnali, quei modi di dire, quelle violazioni linguistiche, quelle sorte di “tilt” nel pensiero che ti viene espresso.
Quindi prendo tutto questo è lo uso come la segnaletica stradale, inizio a chiedere, domandare.
Ciò che sembra incoerente, o troppo ripetuto diventa motivo di curiosità e quindi di domande e, senza che me ne renda conto, i problemi si risolvono, gli obiettivi si fanno più chiari, le convinzioni riprendono la giusta dimensione, quella di pensieri e non fatti, e tutto si incanala e fluisce naturalmente.
Tanto che, spesso, alla fine della seduta mi viene da chiedermi cosa abbia fatto realmente, a cosa sia servito il mio intervento…
Alla fine…
Poi i coachee tornano, o ti scrivono e ti chiamano e ti dicono che le cose vanno meglio, che gli obiettivi sono divenuti risultati, che i blocchi sono alle spalle, che parlare con il figlio o il socio è diventato più facile, che quella paura non è più paralizzante…
Allora tu capisci che forse forse, qualcosa hai fatto, che è valsa la pena di studiare e praticare tanto a lungo e che fai un lavoro bello come forse nessun altro…
Gualtiero Tronconi